Psicoterapia Sistemico-Relazionale

L'approccio

La terapia sistemico-relazionale nasce come terapia delle relazioni.

Si basa sul presupposto che l'individuo, fin dalla sua nascita è inserito in una rete di relazioni, per questo il malessere del singolo non può essere slegato dal contesto a cui appartiene. 
Questa visione permette di allargare la visuale da cui spesso si osserva erroneamente la persona portatrice del sintomo, spostandosi da una dimensione soggettiva ad una dimensione relazionale
Nello specifico, il terapeuta sistemico-relazionale ridefinisce il sintomo non più come problematica unicamente individuale, ma come l’espressione di un malessere che coinvolge anche il proprio contesto di relazioni significative.
Le relazioni disfunzionali possono riguardare il sistema famiglia, il sistema coppia, il contesto lavorativo o quello amicale.
In questa ottica, l’individuo portatore del sintomo non viene colpevolizzato, ma accolto come colui che sta mostrando al suo contesto di appartenenza un malessere di cui sono tutti vittime consapevoli e non, spetterà al terapeuta cambiare le dinamiche relazionali disfunzionali in funzionali, restituendo benessere non solo all’individuo ma anche al suo contesto relazionale.

Cenni storici sulla psicoterapia sistemico-relazionale
La psicoterapia sistemico-relazionale nasce negli anni ’50 con le teorie della prima e seconda cibernetica e la teoria dei sistemi elaborata da L. Von BertanlaffyIn seguito, i maggiori esponenti della scuola di Palo Alto e del Mental Research Institute, come Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick, diedero impulso allo sviluppo della terapia sistemico-relazionale applicandola anche ai contesti umani.  In particolare, il gruppo di Palo Alto ipotizzò un particolare partner comunicativo tra individui schizofrenici e le loro famiglie, mostrando come la terapia sistemico-relazionale sia adatta a descrivere anche specifici pattern comunicativi che ritroviamo nelle relazioni umane. Il contributo di un altro membro della scuola di Palo Alto, Jay Haley, insieme all’ipnostista Milton Erickson, dà origine alla terapia strategica. Secondo Haley, il sintomo è rinforzato dal comportamento su cui si è adattata una soluzione che la famiglia crede di avere trovato e che ovviamente non funziona. L’interesse del terapeuta è sui comportamenti e lo scopo dell’intervento terapeutico è spingere i comportamenti che mantengono il sintomo oltre il limite, così da spezzare il cerchio del rinforzo. A tale scopo vengono utilizzate delle tecniche paradossali.

La terapia sistemico-relazionale in Italia

In Europa e in Italia, la terapia sistemico-relazionale è stata diffusa durante gli anni ’80 grazie ad esponenti provenienti dalla scuola di Milano come Mara Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin, e Giuliana Prata. Gli esponenti della scuola di Milano iniziarono ad utilizzare le prescrizioni (o compiti) con le famiglie per modificare le regole disfunzionali della famiglia sostituendole con regole più funzionali. Compito del terapeuta è capire le regole disfunzionali utilizzate dalle famiglie in modo da escogitare un intervento prescrittivo che vada a modificare il comportamento disfunzionale.

La terapia ad indirizzo sistemico-relazionale ha avuto la sua larga diffusione nel trattamento delle dipendenze, nel campo dei disturbi alimentari, nell’ambito della patologia psichiatrica, nel lavoro con gli adulti, nelle separazioni/divorzi, nelle problematiche inerenti la sfera della terapia familiare, individuale e di coppia.

Come interviene la psicoterapia sistemico-relazionale
Il fine della terapia sistemico-relazionale è quella di comprendere la funzione relazionale del sintomo e di trovare nuovi modi e strategie per rapportarsi con il proprio sistema di appartenenza. 
Il lavoro sarà incentrato sui vissuti personali, sulla comprensione relazionale del sintomo, sulla comunicazione, sulla trasformazione delle dinamiche disfunzionali, e sull’utilizzo e acquisizione di nuove strategie. 
La terapia sistemico-relazionale permette al terapeuta di prendere in considerazione il sistema familiare e il sistema coppia, oltre al lavoro incentrato solo sull’individuo. In questo caso, anche un singolo, appartenente ad un qualsiasi contesto di riferimento, se richiede la terapia sistemico-relazionale per la risoluzione di una problematica presente nel suo sistema di appartenenza può grazie al lavoro terapeutico trasformare le sue relazioni in meglio e sciogliere i nodi problematici, questo accade pur essendo da solo.

La terapia sistemico-relazionale è indicata anche in quei casi di separazione o divorzio familiare, per cui la conflittualità è talmente esasperata che uno dei figli inizia a mostrare i primi segni di un disagio psicologico. Il lavoro del terapeuta sarà incentrato sul ristabilire una nuova intesa comunicativa tra i genitori per aiutarli a svolgere il loro ruolo educativo anche se non sono più una coppia, togliendo i figli dal gioco relazionale distruttivo. In questo modo, il figlio potrà liberarsi dal sintomo che ha come unica funzione quella di comunicare la sofferenza familiare di cui tutti sono vittime, per essere reinserito in una famiglia che si fa carico di portare avanti il compito educativo rivolto alla sua crescita emotiva e psicologica.

La psicoterapia sistemico-relazionale ha il compito di andare a riparare quelle relazioni che l’individuo avverte come problematiche tramite il cambiamento delle dinamiche disfunzionali presenti nel proprio contesto di riferimento; la sua funzione è quella di apportare un rinnovato benessere soggettivo e sociale.